In doppia pagina con tanto onore!

Mi ha fatto molto onore la doppia pagina che mi ha dedicato la rivista Olio Officina International Magazine nel suo supplemento “Special Edition Packaging e Design”
Nell’articolo ho dato il mio parere su un’istanza di Luigi Caricato in merito al cambio di prospettiva nel design.

La riflessione di Luigi Caricato che ha stimolato la nostra conversazione

Una riflessione sulla credibilità del design

Con Luigi ci sentimmo al telefono per alcuni chiarimenti sulla mia partecipazione al Festival Olio Officina. Durante la nostra conversazione mi fece questa domanda: che cos’era la parola chiave da consigliare ad un’imprendiore che avesse l’intenzione di investire nel design dei suoi prodotti. La mia risposta fu certa e immediata; per me la parola era “credibilità”. 
Non saprei dire cosa mi portò a tale certezza; avemmo una cordiale e stimolante discussione sullo stato attuale del design in merito all’immagine di prodotto. I nostri ragionamenti evidenziarono una situazione non sempre convincente e questo mi indusse a riconoscere la poca credibilità di tante confezioni presenti sul mercato.

La doppia pagina pubblicata sul supplemento “Special Edition Packaging e Design”

Il mio pensiero fissato su carta

La mia riposta incuriosì Luigi che mi chiese di spiegare il perché della mia affermazione. Passammo un altro pò di tempo al telefono a confrontarci; alla fine del ragionamento mi chiese se era possibile mettere su carta quello che avevo ribadito nella nostra chiacchierata. Affermò che avrebbe avuto piacere di pubblicare il mio pensiero sul catalogo di Olio Officina.
Non pensavo che mi avrebbe dedicato una doppia pagina sul supplemento “Special Edition Packaging e Design” Lo scoprì più tardi, dopo le cerimonie della premiazione che mi videro protagonista alla Fabbrica del Vapore di Milano come vincitore assoluto ”Designer dell’Anno 2024”.

Il mio pensiero pubblicato sul supplemento

Grazie a Luigi e alla redazione di Olio Officina

Rimasi sorpreso e anche imbarazzato di non essermi reso conto prima di tanto onore! Soprattutto restai sconcertato di non aver ringraziato Luigi in tempo! Durante i giorni della premiazione ero troppo preso nei ringraziamenti e nella condivisone del mio importante premio. Non ebbi tempo di visionare le numerose pubblicazioni offerte dalla redazione e non mi accorsi della doppia pagina a me dedicata.
Non è mai troppo tardi e contattai la redazione non appena finii di sfogliare la doppia pagina. Anzi, colgo l’occasione di quest’articolo per ringraziare di nuovo con tutto il cuore la redazione di Olio Officina e del suo Direttore Luigi Caricato.



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Quale cambio di prospettiva nel packaging design?

Non è facile rispondere su cosa consigliare alle aziende che vogliano intraprendere un cambio di prospettiva nella loro attività di comunicazione e soprattutto nel design di bottiglie, etichette, confezioni e imballo. Mi limiterò a dare una risposta nell’ambito del packaging design, settore nel quale lavoro da numerosi anni.

Packaging design linea Condimenti Balsamici Museum

Una parola: credibilità

Ormai è diventato ovvio che è necessario investire sul design per il packaging dei propri prodotti. Tuttavia non basta solo vestire un contenitore, bisogna confezionare un abito su misura. Qui sta tutta la differenza; ci possono essere tantissime soluzioni creative per un progetto di packaging design, ma poche sono quelle veramente convincenti. Se dovessi esprimere cosa serve davvero agli imprenditori per cambiare l’immagine delle proprie confezioni, basterebbe una parola: credibilità.

Linea cosmetica all’Olio d’Oiva Museum

Non rinunciare alla credibilità

In effetti, la veste deve raffigurare il contenuto in modo credibile. Questo comporta un progetto grafico che rappresenti in modo corretto i valori dei prodotti. Il design deve agire sulle specificità e farle risaltare attraverso l’aspetto del packaging. Sugli scaffali si combatte con la sola arma dell’immagine, non ci sono altri mezzi per difendere le qualità dei prodotti. Risulta dunque evidente che mandarli a competere con un’identità visiva non convincente significa perdere in credibilità. Rinunciare a un’immagine coinvolgente significa sacrificare un punto strategico che condiziona molto i consumatori. 

Linea Olio Extra Vergine d’Oliva Gentili


Bisogna cercare invece di cucire sui prodotti l’abito adatto alle loro caratteristiche. Non conviene strafare quando il posizionamento sul mercato richiede abbordabilità ma non è neanche producente vestire i prodotti di buon livello con un’immagine scadente.

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Packaging saponette Museum

3 referenze della linea di saponette all’olio extra vergine d’oliva

Il progetto grafico di questa linea di saponette prende spunto dall’identità visiva presente da alcuni anni sulla linea d’olio extra vergine d’oliva “Azzurra” della Museum. Quel design era stato concepito inizialmente per una sola etichetta d’olio EVO europeo. Il suo aspetto è piaciuto ai consumatori e questo successo ha indotto il committente a declinare la grafica delle etichette su altre tipologie di prodotto.

La grafica caposerie dell’etichetta”Azzurra”

La prima applicazione di quest’espansione è stata la linea “Viride”, un’olio EVO Italiano pregiato che ha richiesto uno spostamento del progetto verso una dimensione premium. Perciò abbiamo preferito le tonalità oro opaco e oro lucido in abbinamento con il nero e i grigi piuttosto che i colori vivaci della versione “Azzurra”. Abbiamo così rinunciato a una sensazione di leggerezza per trasferire un’impressione più raffinata ed elegante, mutando il carattere empatico e abordabile della linea capostipite “Azzurra”.

Il fronte della saponetta all’Olio di Ricino e Ortica

Grafica che vince non si cambia

Anche questa seconda versione dorata ha ricevuto un’ottimo gradimento da parte del pubblico e piano piano si è consolidata la convinzione di espandere ulteriormente questa grafica molto apprezzata. La nascita della linea delle saponette faceva parte dei vari progetti presi in considerazione. Il committente ha deciso di attuare questa possibilità e così abbiamo avviato questa declinazione mantenendo i capisaldi dell’identità originale. 

La linea delle saponette si distingue per un uso particolare dei colori. In effetti abbiamo adottato dei toni discreti per evidenziare la composizione naturale e delicata dei saponi. Rispetto alle due precedenti declinazioni, qui l’aspetto cromatico diventa importante e soprattutto determinante poichè la linea fa uso di tanti colori diversi. In questo caso, ogni referenza utilizza una tonalità virata in modo chiaro e in modo più scuro. Troviamo dunque la variante al ”Rosmarino” che adotta due toni di verde, quella del “Limone” che impiega due toni di giallo e così via...

Le diverse varianti colore della linea


Un concetto forte che marchia le confezioni

Tutte le applicazioni si distinguono per un motivo caratterizzante creato sulla grafica caposerie dell’etichetta “Azzurra” Questo motivo si compone di una cornice che ingloba un ellisse. Concettualmete questi elementi rappresentano un’oliva che matura al sole sintetizzando l’essenza dei prodotti d’olio extra vergine d’oliva. Su quest’astucci in particolare, il motivo originale della cornice con l’ovale viene modificato aggiungendo un baffo sotto la cornice. Questo cambio era stato pensato per una funzione di differenziazione delle referenze. L’idea nasce durante lo sviluppo della “Viride” pensando a come diversificare una tipologia dall’altra colorando questo baffo in modo diverso. Finalmente sull’applicazione delle saponette, questa funzione non serve più, avendo ogni referenza una tonalità di colore diversa. Abbiamo deciso di mantenere comunque questo segno apprezzando la stabilità che conferisce alla composizone della cornice.

Il motivo dell’oliva che matura dentro il sole con l’aggiunta del baffo

Da notare l’interattività del design che permette una composizione modulabile dei pack. In effetti, affiancando i lati stretti al lato largo dei fronti, si possono creare intriganti continuità della parte centrale . Gli astucci sono stati stampati in quadricromia su cartoncino FSC Old Mill 300g della Fedrigoni che, con il suo aspetto materico, valorizza la naturalezza dei saponi. 

La composizione modulabile dei pack

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Intervista con Gioia D’Alessandro laureanda in Marketing Management

In questo articolo pubblico un’intervista che ho avuto il piacere di sostenere per Gioia D’Alessandro, una laureanda in Marketing Management presso l’Università degli Studi di Bergamo.
Ci siamo contattati in video conferenza; Gioia sta conducendo un’analisi del food packaging come leva di marketing per la sua tesi di laurea magistrale. 

A seguire la trascrizione dell’intervista.


INTERVISTA TONI TRAGLIA

D: Okay, allora lei ha già letto le domande quindi più o meno sa già cose le andrò a chiedere.

T: Sì, sì ho letto la traccia.

D: Allora, iniziamo con la prima domanda. Le chiedo, quali sono le motivazioni che la spingono a voler offrire un servizio di packaging design?

Ton Traglia studente di graphic design
Toni Traglia studente di graphic design

T: È una cosa vecchia diciamo così, io ho un profilo di graphic designer che però era molto ma molto, come dire, preparato proprio per gli aspetti di brand, per le immagini di prodotto e di marca in sostanza. Per cui avendo collaborato all’inizio con le agenzie, si lavorava sul brand e packaging in parte, ho preferito indirizzarmi su quelle realtà che invece facevano solo quello, non tutto come fanno tante agenzie, ma proprio perché avevo più affinità come creativo diciamo, più che nell’advertising, per esempio. Ho lavorato con i più bravi in quegli anni lì e poi piano piano ho portato avanti da libero professionista, perché io sono libero professionista.

D: Si ho letto un po’ sul sito e mi sono un po’ informata ovviamente.

T: Sì, con le prime agenzie si faceva un po’ di packaging ma non in modo veramente serio. Perché poi quando si trattava di investire veramente su delle ricerche, non si faceva, perché il core business era altrove, era più sulla pubblicità, sulle promozioni, il pack era marginale. Però all’inizio è stato quello il percorso. Poi pian piano mi sono orientato verso realtà che invece campavano solo di quello, quindi realtà molto più preparate, più professionali e così via.

Collaborazione per packaging Nestlé con ARD, un’agenzia specializaata di packaging


D: Okay le chiedo invece in generale quali crede che siano le potenzialità del packaging in ambito food?

T: Enormi, prova ad immaginare una bottiglia senza niente, di vino o di olio, come fai a capire? Cioè a capire forse no ma per lo meno ad essere convinta. Sono enormi, basilari e fondamentali. È chiaro il discorso. Se lei ha su uno scaffale tutte bottiglie vuote, forse siamo alla pari. Dal momento in cui bisogna scriverci qualcosa, il pack diventa fondamentale. Da come tu lo scrivi, da come tu ti proponi cambia tutto. È un venditore il pack, per cui se vendi, vendi bene, se non sai vendere fai più fatica, anche se il prodotto è buono. È questo un po’ il problema secondo me, questo diventa proprio uno spartiacque. Ci sono quelli che hanno capito la forza di questo strumento e quelli che invece sono un attimo li non sicuri che gli porti qualcosa.

Potenza del contenitore, venderebbe anche il vuoto

D: Va bene, proseguo con l’altra domanda. Quanto dura in media lo studio di un packaging design? So che ci possono essere differenze di tempo sostanziali.

T: Sì, dipende dalla diversità del lavoro. Se sono due, tre prodotti e si ferma lì, magari può essere anche più breve. Tenga conto però che se uno lo prende con le dovute misure diciamo, ci vuole almeno un mese. Se si parla di prodotti abbastanza semplici, poi se si parla di restyling complessi è anche sei mesi.

D: E invece le chiedo quali sono le fasi principali di questo progetto di ideazione e di sviluppo del pack?

T: Per me la parte più importante è quella con il cliente, cioè il brief, in sostanza. Alla fine, se uno è creativo lo è sempre, quindi bene o male potrebbe fare qualsiasi cosa. Però non è detto che sia la cosa giusta, è quello il problema del pack. Il pack in qualche modo è strategico, no? Per cui devi andare a rivestire le cose in funzionalità del target, del mercato e tanti aspetti. Sicuramente capire il cliente è esattamente capire cos’è, cosa ha e cosa vuole. Sono le basi, ecco. Poi da lì ovviamente parte il processo creativo, ma quello potrebbe partire anche senza. Potresti fare una bellissima cosa ma che non va a vestire in modo strategico diciamo quello che sarebbe il target. E questo succede spessissimo. Cioè, per esempio, pack che non vanno a difendere esattamente i valori, sia di prezzo o posizionamento o così via. Queste cose devono essere vagliate prima. Quindi prima il brief, importantissimo. Poi da lì ti concentri su quelle due, tre soluzioni che possono coprire i bisogni diciamo.

Un contenitore tipico per il settore della birra, non potrebbe essere vino, anche senza etichetta.

D: Okay, chiaro. Invece le chiedo, allora, in che modo secondo lei funzionano le regole di categoria…

T: Sì, è un concetto molto importante. Per esempio, prendiamo il cioccolato. Sono i colori che definiscono il fondente, il latte…con quei colori lì, il cliente sa che quel cioccolato è fondente perché è rosso, il blu invece è al latte. Se tu queste cose qui non le rispetti rischi di far confusione. Parti dalle basi del mercato per indirizzare il tuo progetto. Quello del cioccolato, per esempio, in Italia è molto chiaro. Sono codici che sono stati stabiliti, non si sa da chi. Però è così. Quindi se tu vuoi essere diciamo, rassicurato dal contesto, utilizzi quei colori lì. Poi se tu dici “no io non voglio essere immedesimato nel settore, voglio essere diverso” allora ti muovi in funzione a quello, però deve essere ben ragionata questa cosa qui.

D: Certo. Lei crede che questa volontà di distinguersi sia la strategia più giusta o magari serve più concentrarsi sulle regole di categoria?

Uso personalizzato dei contenitori per un prodotto di nicchia

T: Il me too va molto di moda, il famoso me too. Cioè anche io come il leader. Adesso un po’ meno ma secondo me rimane. Rimane un aggancio per tanti motivi. Io direi che lì bisogna più che altro bilanciare, perché puoi stare, come dire, legato a qualcosa però facendo una piccola differenza. Oppure, effettivamente, cambiare completamente, però quello può essere un rischio perché non ti identifica col contesto, in quel settore lì. Per esempio, c’è chi fa olio e lo vende in bottiglie di vino, no? Adesso c’è chi lo fa, però a priori sembra vino. È un esempio tipico, dove il contenitore stesso ti identifica che sei nell’olio ed è rischioso prendere un contenitore diverso. Poi devi fare un lavoro molto di recupero per far capire che sei nel settore dell’olio. Il contesto va un attimo per lo meno circoscritto e capito. Poi uno può fare quello che vuole, ma in ambito di mass markets secondo me sono cose importantissime. Poi se uno lavora per le nicchie è diverso.

D: Okay, chiaro. Quali fattori vengono presi in considerazione per la scelta di colore e materiale. Un po’ in realtà mi ha già risposto per quanto riguarda il colore…

Sfruttamento del me too, dal fondo bianco di settore all’uso abbondante della frutta illustrata

T: Eh sì, in realtà è tutto molto legato alla strategia. L’esempio del cioccolato è calzante ma ce ne sono tanti. Poi ci sono dei settori che sono un po’ più liberi, probabilmente, come i settori di nicchia dove sicuramente sei molto più svincolato da certi aspetti. Però se tu lavori, prendiamo un prodotto cosmetico che è anche molto di cura. Lì chiaramente il codice farmacia diventa importante. Il codice farmacia è il bianco, per cui in qualche modo cerchi di fartelo tuo, perché vuoi in qualche modo rassicurare il cliente con un pack che dà l’impressione di, non so come dirti, curativo. Questa è una strategia molto semplice, perché il bianco è immacolato, no? È pulito e dà l’impressione di essere qualcosa di candido. Per esempio, io l’ho fatto su una linea dove effettivamente il bianco mi faceva comodo perché oltre a dare prestigio dovevo anche rassicurare.

Per il materiale è sempre la stessa storia. Parliamo ad esempio di vino. Con il vino in tetrapak non c’è niente da fare, lì è palese. Voglio dire, la bottiglia in vetro rimane più rassicurante. Ecco, per esempio, tornando al cioccolato, c’è la confezione fatta in plastica che non avrà mai, a parte Ferrero che ci è riuscito alla grande, un valore premium. Tutti quelli che fanno premium lavorano con la carta e il cartone, perché dà più senso di premium, il cartone. La plastica dà un’idea un po’ più cheap. In realtà quando ti muovi puoi fare il pack che è più pregiato con il cartone, poi fai sulla stessa linea grafica quello di battaglia, quello che venderai a molto più basso prezzo e lo metterai in una confezione di plastica.

D: Poi volevo chiederle che ruolo gioca secondo lei la marca in ambito di pack?

logotipo Pikenz
Restyling brand Pikenz

T: Moltissimo, purtroppo, per chi non ha la marca ma ha un buon prodotto. Ci sono delle marche che fanno prodotti che non sono un granché, francamente, non voglio fare nomi ma è così e che hanno ormai colonizzato il mercato e sono leader di mercato, a scapito di realtà piccole che fanno dei prodotti validissimi e che non riescono ad infilarsi nelle GDO, per esempio, perché è difficilissimo entrare per motivi commerciali. Perché chiaramente i grossi fanno il prezzo e tu non ci stai dietro. Lì è legato proprio alla marca, quindi trascina dietro non solo i vantaggi della propria marca, ma poi tutti gli aspetti negativi relativi alle altre marche, che giustamente non riescono ad essere così affermate. Se io ho sul mercato un buonissimo prodotto ma che nessuno consce come brand c’è il rischio che nessuno lo compri. Bisogna lavorare tantissimo di pubblicità, per farti conoscere, e non è semplice. Non so, nel cioccolato parliamo di Ferrero, di Nestlé e così via, che hanno una forza tremenda. Per cui la marca moltissimo in questo senso. Poi chiaramente c’è tutto anche un discorso di assicurazione, perché se uno sente martellare tutti i giorni la stessa marca, si convince che è una marca buona. Per cui, anche quello fa molto. Poi che ci siano delle marche importantissime che fanno dei buoni prodotti è anche vero. Io lavoro con piccole realtà, piccoli produttori ed è tutto un altro mondo a livello di qualità. Ma giustamente, perché non puoi avere tutto, o fai il numero oppure fai poco e bene, quella è una scelta che uno fa. A tutti i livelli, anche dal mio punto di vista è stata una scelta.

Una confezione di uova che usa la trasparenza

D: Allora, le chiedo poi secondo lei se l’uso di fessure trasparenti o di immagini può andare a influenzare l’esperienza d’acquisto del consumatore?
D: Allora, le chiedo poi secondo lei se l’uso di fessure trasparenti o di immagini può andare a influenzare l’esperienza d’acquisto del consumatore?

T: Certi prodotti posso farli vedere altri no. La pasta secca, ad esempio, la fanno vedere tutti perché comunque è bella. Però ci sono altri prodotti che non fai vedere perché non si presentano bene. In questi casi metti un’immagine sopra. Dipende un po’ dal prodotto, se tu sei sicuro che hai un prodotto buono allora è meglio lasciare la fessura che è più convincente. Poi però non tutto si presta. Il salmone affumicato, ad esempio, si presta, è bello e si fa vedere. Altri secondo me no, ci sono delle cose che è meglio tenere coperte.

D: Okay, penultima domanda. Le chiedo quali sono stati alcuni dei suoi progetti più significativi in ambito di food packaging…

T: E lì ce ne sono tanti, adesso…faccio vedere qualcosa?

D: Certo.

T: Vedi questo qui, per esempio è uno dei primi che ho fatto con agenzie di pubblicità. È quel progetto che in qualche modo mi ha dato conferme delle potenzialità che aveva questo settore. È venuto bene ed è piaciuto tantissimo, qui si vede la stessa grafica del contenitore…

D: Mi dia un attimo che me lo appunto.

T: Cosa ti ha colpito?

D: Beh il contrasto bianco e nero.

Restyling brand e packaging Wool Club per conto dell’agenzia Carcano & Associati


T: Questo qui appunto è un filato che diventa materia. Poi diciamo, ti faccio vedere, questo qui per esempio, ha vinto un premio per il graphic design. Anche qua, come lì vedevi filati che diventano materia, che è legato al mondo che tu vai a difendere. Cioè il filato, la lana e i tessuti, giusto? Io lavoro così, traduci concettualmente a livello visivo qualcosa che appartiene al prodotto. Qui siamo nello stesso ambito. Quindi, è molto concettuale. Qui c’è un sole e in mezzo c’è un’oliva. Questo è un olio d’oliva, quindi il concetto è “l’olio d’oliva matura al sole”. Il discorso è che io lavoro su certe cose che sono pertinenti al prodotto, no? Qualcosa che mi aiuta a identificarlo in questo modo. Io non potrei fare la stessa cosa con un vino, ha un altro aspetto. Invece l’oliva è così e la metto nel sole, e vado a collegare una cosa che è importante perché l’oliva non matura senza il sole. Questo è un altro esempio. Qui parliamo di un olio biologico. Lui è proprio uno di quelli che è fanatico del biologico e ha espressamente chiesto di far venir fuori il biologico. Quindi io cosa ho fatto? Ho messo delle foglie d’olive sopra. In più, qua si nota, no? La richiesta di, come dire, contributo alla raccolta differenziata. E diciamo “guarda, gira l’etichetta, in modo che tu separi il vetro dalla carta”. Quindi questa è una delle poche bottiglie in cui riesci a staccare la carta dal vetro. E questa appunto è una cosa che il cliente voleva a tutti i costi…per cui un occhio all’ambiente e un occhio al concetto di olio. Questo qui, invece, è un prodotto più da battaglia, più commerciale e sono delle uova. Questo è stato un restyling, però, anche qui vado a difendere la naturalità di queste uova, no? E ho messo un campo di erba, cioè molto verde. Ma perché qui c’era appunto un discorso di naturalità da difendere. Poi qui, tornando al discorso di prima, ci sono degli elementi che sono lì perché tutti li hanno. Cioè tutte le confezioni di uova hanno delle uova e abbastanza evidenti, per cui anche io mi sono agganciato. Ho messo un uovo perché è un codice che ti accomuna. La differenza è che io le ho lasciate chiuse, mentre quasi tutti le tengono aperte. Per il discorso che dicevo prima, tu puoi entrare e fare qualcosa di diverso, un cerchio di compatibilità. Per ultimo questo qui, che è uno degli ultimi progetti che ho fatto sul vino, dove viene fuori l’origine e io proprio sull’origine ho giocato tutto. Però anche qua ad esempio solo con la tipografia riesci a collegare un’appartenenza in modo molto forte, perché leggi e non leggi. Qui c’è scritto Bardolino, allo stesso tempo, però fa un lavoro di grafica e di coinvolgimento, di fascino. Però prima, devi risolvere il problema “io sono Bardolino”, lo devi dire in qualche modo.

D: Allora, volevo farle l’ultima domanda che è in relazione a quali crede siano le tendenze future da seguire per lo sviluppo di un nuovo pack. In realtà mi ha già parlato un po’ della questione di sostenibilità e un po’ di…

Scelta ecologica testimoniata sulle etichette

T: Sì, secondo me lì sta diventando un must. Quello che prima era una specie di utopia, cioè qualcuno lo fa già da vent’anni il Bio, ecologico e sostenibile. Lo so perché ci sono dentro e ho scelto quei clienti lì già da un po’. Però alla fine si trattava di un discorso un po’ marginale, che però oggi si sta rivelando quasi come una scelta obbligata. C’è chi cerca di fare l’escamotage, cioè fanno finta di essere green ma non lo sono, perché fare green costa. A parte questo, sta diventando un obbligo, oltre che una tendenza, certificare in qualche modo che tu sei eco-sostenibile. E a me fa molto piacere, perché è da più di vent’anni che ho scelto di seguire questi clienti qua. Però mi fa un po’ sorridere quando vedo certe marche che per cinquant’anni hanno massacrato tutto e che adesso fanno green. Per cui, continuo con la mia strada, con i miei piccoli clienti e vado avanti così.

D: Va bene, io ho finito le domande da fare, la ringrazio e stoppo la registrazione.

T: Sì.



Restyling packaging vini Bardolino Museum

Dettaglie del vino Chiaretto

Il restyling del packaging design vini ha lo scopo di rivalutare l’aspetto della linea “Bardolino Enoteca del Museo” della Museum. L’immagine di prodotto esistente aveva mostrato i suoi limiti rispetto alle altre linee proposte dalla Museum. Il committente ha avvertito la necessità di alzare l’identità dei suoi vini allo stesso livello degli altri prodotti. In effetti durante gli ultimi anni, un notevole lavoro di attualizzazione è stato fatto per raggiungere un posizionamento premium, lavorando inizialmente sulla linea degli oli extra vergine d’oliva. Ormai i tempi erano maturi per un rinnovamento anche della linea dei vini.

La Museum basa la sua attività su una buonissima produzione di EVO avendo però anche un’ampia e pregevole offerta di prodotti complementari come il vino, gli aceti-condimenti balsamci, le conserve…La nuova fisionomia delle etichette dei vini nasce appunto per adeguare la linea dei vini Bardolino agli altri packaging prestigiosi che vestono i prodotti presenti a catalogo.

La linea dei vini Bardolino al completo

Packaging design coinvolgente

Il restyling packaging design vini Museum poggia su questi presupposti di raffinatezza e d’esclusività e di conseguenza la progettazione persegue un trattamento grafico che esalta tali caratteristiche. La composizione tipografica del nome Bardolino rivela innanzitutto quest’orientamento creativo trasformando i caratteri in un motivo identitario. Potremmo dire che Bardolino si veda prima ancora di essere letto assumendo una funzione caratterizzante della linea.
Questa scelta conferisce lustro e demarca un’attitudine personale nel definire l’appartenenza dei vini alla famiglia dei Bardolino. Infatti questo comportamento così marchiativo sigla in modo eloquente le origini dei prodotti Museum.

La soluzione definitiva è stata scelta tra diverse proposte; abbiamo deciso di adottare questo design per il suo stile grafico moderno e sintetico che interpreta i vini in modo astratto ma comunque ben identificabile. La scelta del carattere sans serif, dal disegno pulito e razionale, contribuisce a plasmare con forme semplici e rigorose, un’affascinate composizione geometrica. Anche la fustella delle etichette ribadisce questa direzione rigorosa; due forme distaccate dai contorni decisamente squadrati creano un fronte di forte impatto. Sul retro invece, questo rigore viene ripetuto con una sola forma verticale dal contorno semplice ma comunque coerente. L’insieme del fronte diffonde pregio e autorevolezza grazie a una creatività ponderata che esteriorizza un aspetto visivo curato e coinvolgente.

Le forme colorate per la differenziazione delle referenze

Design funzionale e flessibile

Abbiamo definito un sistema di packaging design modulabile e facilmente replicabile sulle diverse referenze della linea grazie al cambio dei colori. Cromaticamente abbiamo ripreso le caratteristiche comuni presenti sulle altre linee di prodotti investendo sul nero e sull’oro. In questo modo abbiamo creato conformità nello stile e nell’apparenza con le altre offerte Museum.
Il risultato è un packaging design di forte personalità, sobrio ed elegante ma comunque ben integrato. La sua modularità, basata su forme geometriche colorate, differenzia ogni referenza in modo chiaro e funzionale sia sul fronte che sul retro.

Sul fronte delle etichette, il nome Bardolino vive da protagonista insieme alla struttura geometrica circostante, sul retro invece, la composizione rimane in sottofondo evidenziando i colori di riferimento per ogni referenza.
E’ nata una linea prestigiosa, ben accolta dalla variegata famiglia di prodotti Museum e che si integra coerentemente a scafale convivendo a fianco di altre linee di oli, di aceti e di altre specialità.


La linea di questo packaging design contempla 5 referenze che si distinguono con 5 tonalità di colore: Rosa, Bordeaux, Verde, Gialla e Nera. Il progetto è stato creato e realizzato con Illustrator, stampato poi in quadricromia digitale con l’applicazione delle lamine oro a caldo.

Dettaglio del Bardolino Superiore

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Un packaging tutto in purezza per il Monocultivar!

Il diffuso apprezzamento di questa linea ha portato il cliente a sfruttarne al meglio la grafica.  Così mi è stato chiesto di pensare a un’adattamento del design su una nuova referenza di altissimo livello.  Un olio extra vergine d’oliva unico perchè prodotto in purezza dalla sola varietà di olive Monocultivar Casaliva.

 

Bottiglia 500 ml Monocultivar

Rimanendo coerenti con gli esistenti prodotti di prestigio, abbiamo optato per il rigore e l’essenzailità, valori già ben espressi nelle etichette “Oro”.
Per differenziare le due raffinate linee, abbiamo applicato una preziosa livrea argento a quest’eccezionale olio della Museum. Sul fronte si può notare il motivo grafico che adotta una lamina d’argento a caldo. Il resto della grafica segue la logica delle etichette “Oro”, usando un argento opaco sul fondo e mantenendo il nero per smarcare le zone colorate e per comporre i testi.

Per affermare e nello stesso tempo per distinguere le due linee top, su questa versione abbiamo scelto alcuni stili tipografici più eleganti. La font Bodoni dona il suo raffinato contributo disegnando il nome di prodotto, prendendosi lo spazio necessario tra le lettere.

Dettaglio del motivo identitario della linea
Dettaglio della denominazione di prodotto

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Corporate identity Ofmec

La progettazione grafica del corporate identity Ofmec considera un sistema visivo coerente nell‘uso delle diverse applicazioni. Il lavoro contempla gli adattamenti dell’immagine aziendale sulla modulistica, sull’editoria e sul sito internet. L’azienda era attiva nel comparto della meccanica di precisione e si occupava di produzione di stampi per fusioni in lega leggera. In particolare, le loro matrici in acciaio erano del tipo a conchiglia, dove due componnenti si uniscono in un unico guscio per contenere le fusioni.

Questa caratteristica ha influenzato l’impostazione del progetto mettendo le basi per la fisionomia del marchio. Da queste premesse e focalizzando l’attenzione sulla peculiarità degli stampi, il graphic design individua le basi per definire le forme del simbolo aziendale.

Il marchio basato sulle particolarità della produzione aziendale

Il disegno del marchio si basa sulle specifiche degli stampi a conchiglia, una caratteristica tecnica che distingue la produzione della “Ofmec”. Questa peculiarità si manifesta graficamente nella divisione in due metà della forma esagonale del simbolo. In questo modo, le due componnenti si chiudono a guscio come avviene nelle conchiglie. La rappresentazione di un esagono collega l’identità visiva al mondo della meccanica, il settore di appartenenza dell’azienda. In effetti, l’aspetto del marchio ribadisce la classica forma a sei lati di un bullone, l’icona del settore meccanico.

Biglietti da visita

Per rappresentare invece l’utilizzo degli stampi, abbiamo scelto una forma flessuosa di colore arancione che vive all’interno della conchiglia esagonale. La sagoma sciolta, libera da ogni schematismo, avvalora la forte duttilità dell’azienda nella realizzazione di stampi complessi; indica le notevoli capacità nel produrre ogni forma di matrice. La tonalità accesa simboleggia invece le alte temperature a cui gli stampi sono sottoposti nel processo di fusione delle leghe leggere.

Discreto ma consistente supporto del logotipo

Il logotipo non manifesta nessuna intenzione di protagonismo, vive di supporto al marchio in modo autorevole e affidabile. Per questo motivo la tipografia è basata su un carattere robusto che garantisce una rassicurante staticità. Le strutture geometriche delle forme affermano la vocazione meccanica rafforzando il legame già espresso dal marchio. Il colore grigio attesta anche lui questa relazione evocando le tonalità dell’acciaio, una materia indispensabile per le lavorazioni nel settore metalmeccanico.

Carta da lettra formato A4

Un corporate identity per rafforzare la riconoscibilità aziendale

Dopo aver finalizzato la fisionomia del logo e del marchio, abbiamo deciso di inserire questi elementi in una cornice identificativa per rafforzare la riconoscibilità aziendale. Il corporate identity Ofmec apporta una connotazione professionale sfruttando le caratteristiche di un disegno tecnico. Questo contributo evidenzia la professionalità presente dietro ogni progetto realizzato dalla “Ofmec”. Inoltre sottolinea la preparazione e la perizia tencica che configurano l’elaborazione e la produzione di ogni stampo.

Busta con finestra

L’applicazione principale di questo sistema visivo si è riversata sulla modulistica. Il simbolo aziendale contrasegnato dalle linee tecniche si trasferisce da un formato all’altro siglando con grande coerenza i vari supporti: biglietti da visita, carta da lettera, fattura e buste.

Dépliant 3 anti in formato A4 Ofmec

La forma esagonale del marchio rimane un elemento unificatore dell’identità aziendale sulle altre applicazioni di comunicazione. In effetti serve da riquadro per la realizzazione delle pagine del sito internet e funge da contorno delle foto nell’impaginazione dei dépliants.

Home page del sito internet aziendale

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Illustrazioni per Condimenti e Aceti Balsamici Museum

Illustrazione del lampone

Queste illustrazioni sono state realizzate per la gamma di prodotti Condimenti e Aceti Balsamici Museum. Vivono scontornate sul fronte delle etichette e sono spesso a contatto con le lamine d’oro a caldo. Per riuscire ad inserirle facilmente sulle lamine, ho eseguito le immagini in modo schietto senza rinunciare però al loro prezioso carico d’appeal. La pulizia del loro aspetto permette di mantenere un’impressione di pregevolezza, ribadendo con chiarezza e discrezione l’alto livello del packagign design.

Illustrazione del melograno
Condimento al lamopne

Unire il digitale al tradizionale!

Ho disegnato il contorno delle opere con l’ausilio di Illustrator. Da questo abbozzo ho stabilito gli assortimenti di colore per ogni soggetto; le tonalità sono state stampate a tinte piatte con una Epson. In seguito, ho elaborato il lavoro di illustrazione con matite colorate. Un processo che considera una partenza digitale che procede poi con un determinante lavoro di disegno e di colorazione; ho svolto questa seconda fase invece in modo tradizionale.

Illustrazione della menta

Una famiglia di prodotti ben rappresentata dalle illustrazioni per Condimenti e Aceti Balsamici Museum

La famiglia si compone da una trentina di referenze e si divide tra prodotti di altissimo livello e di altri più abordabili. Le illustrazioni per Condimenti e Aceti Balsamici Museum fanno bella figura sia sui contenitori di pregio che sulle bottigliette più comuni.
In tutto ho prodotto 8 illustrazioni che raffigurano gli ingredienti principali presenti nei condimenti e negli aceti. Oltre alle 4 opere presentate nell’articolo, ho illustrao altri 4 componnenti: vaniglia, pera, mela e tartufo.

Illustrazione dei fichi
Condimento all’Aceto Balsamico con Lampone Museum



Al seguente link è collegato un articolo del blog che descrive l’intero progetto e permette di avere maggiori informazioni sulla gamma degli Aceti e Condimenti Balsamici Museum. Buona lettura!
Altri progetti di brand e packaging design sono invece visibili sul sito.

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L’etichettatura ambientale, siete pronti?

Con questa news voglio segnalare un webinar che tratta un tema molto attuale, l’etichettatura ambientale.
Dal primo gennaio 2022 scatta l’obbligo di indicare sui packaging la codifica ambientale.
Il decreto legislativo mira a facilitare il riciclo dei rifiuti, obbligando l’inserimento di  indicazioni a favore della raccolta differenziata.

Un webinar che aiuta a capire le nuove normative sull’etichettatura ambientale!

l decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116 dispone che tutti gli imballaggi siano correttamente etichettati in modo da facilitare la raccolta dei rifiuti, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi.
L’intento della legge è lodevole ma non risulta poi così semplice da mettere in pratica l’etichettatura ambientale.

Rimane obbligatorio indicare in etichetta:
la tipologia di imballaggio (scritta per esteso o mediante una rappresentazione grafica), per esempio: flacone, bottiglia, vaschetta, etichetta, lattina…
l’identificazione specifica del materiale (codifica alfanumerica ai sensi della Decisione 97/129/CE), integrata eventualmente con l’icona prevista ai sensi della UNI EN ISO 1043-1:2002 (imballaggi in plastica), oppure, ai sensi della CEN/CR 14311:2002 (imballaggi in acciaio, alluminio e plastica), per esempio: PET(1), ALU(41), PAP(21), PP(5), C/PAP(84)
Inotre è fortemente consigliato indicare le disposizone in vigore in ogni comune.
In effetti le modalità di raccolta differenziata cambiano per ogni comune.

Collegatevi al webinar per ascoltare i preziosi consigli di Marco Rotondo  (Consulenza e vendita Packaging e Pop) e vedere le mie illuminanti interpretazioni che ho applicato su diverse etichette.
Il webinar è stato organizzato dal gruppo Meetup Arti Grafiche, Stampa e Web

Seguire il link per vedere il webinar. Buona visione!

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Restyling della cosmetica Museum

le confezioni Contorno Occhi e Crema Viso

Nei confronti della concorrenza la cosmetica all’olio extravergine di oliva “Museum” peccava di un’immagine non all’altezza della qualità dei prodotti. Pur avendo delle formule di ottimo livello, l‘aspetto delle confezioni non difendeva un tale patrimonio apparendo di livello ben inferiore. Il lavoro di restyling cosmetica Museum diventava dunque fondamentale per affermare una percezione di esclusività.

Sobrietà e prestigio per il restyling cosmetica Museum

L’impostazione del restyling segue un orientamento che privilegia sobrietà, eleganza e prestigio. Nasce un primo ridisegno piuttosto radicale della linea cosmetica che mantiene però i codici cromatici della grafica esistente. Tramite quest’uso dei colori, i consumatori possono contare su un richiamo visivo che li riporta a differenziare i prodotti come facevano sulle vecchie confezioni.

Concettualmente il restyling cosmetica Museum punta su un elemento essenziale raffigurando un‘oliva stilizzata. Il frutto viene raffigurato in una cornice composta da linee curve e sottili. Questo simbolo, ribadendo l’origine dell‘olio, interpreta in modo moderno i valori mai compiutamente espressi da “Museum”. Rappresenta le solide basi dell’azienda pur affermando la sua proiezione verso il futuro. 

Dopo il successo ottenuto da questa prima attualizzazione, il cliente decide di lanciare una nuova gamma di cosmetici ancora più esclusivi. Questa seconda versione sfrutta la stessa impostazione grafica della prima su fondo bianco ma rinuncia all’uso dei colori. Al loro posto abbiamo inserito una lamina d’oro a caldo che impreziosisce il simbolo dell‘oliva. La differenziazione dei prodotti è gestita in maniera esclusiva dalla sola descrizione delle referenze.

Un simbolo che raffigura l’essenza dell’olio

Fondamentalmente nel progettare le due linee cosmetiche, abbiamo dovuto tener conto delle diverse tipologie di prodotti che convivono sotto la stessa marca. In effetti la brand “Museum” non vive soltanto sulla cosmetica ma soprattutto sulle bottiglie d’olio d’oliva e su altri contenitori terziari.

Oltre che pertinente, il design doveva anche potersi adattare sui vari formati e tecnologie di stampa. Seguendo queste premesse, l’oliva stilizzata si ridimensiona modificando anche parte della sua forma pur rimanendo sempre molto riconoscibile. Si inserisce in modo elegante sia sulle bottiglie dell’olio che sulle confezioni della cosmetica.

Il segno stilizzato dell’oliva nasce per imprimere con un motivo forte e funzionale la nuova immagine di prodotto. Graficamente il motivo ovaloide conferma queste esigenze, concettualmente, ribadisce invece l’essenza della produzione di “Museum”, l’elemento alla base di tutto, cioè l’oliva. Questo marchio ne riprende la forma esprimendo con stile artitisco la sua mansione di rappresentanza sugli scafali di un museo.

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