Small is the new big: uno spunto di riflessione di tendenza nell’attuale mondo della comunicazione.

Piccolo è il nuovo grande. Come interpretare questa nuova valenza messa in risalto da Seth Godin, scrittore di successo e guru del marketing?

Certamente si stanno creando delle possibilità che spesso nascono per soddisfare una risposta alle proposte poco convincenti offerte dalle grandi realtà di mercato. In realtà le alternative dalle piccole dimensioni ci sono sempre state; attualmente queste vivono una congiuntura favorevole che tende a scombussolare la cultura di finta diversificazione che stava alla base dei prodotti di largo consumo. Penso che non ci sia niente di nuovo, ma solo un ridimensionamento del grande consenso finora acquisito dai beni di mass market. Poca credibilità e mancanza di sorprese sono le ragioni che portano a tradire la fedeltà verso i grandi. Si può immaginare che l’insieme di tanti piccole iniziative possano creare in futuro il nuovo grande citato da Seth Godin.

La riduzione dei budget può portare all’ottimizzazione della strategia di comunicazione delle grandi aziende?

Credo che la strategia possa diventare una causa di spreco quando non considera l’ottimizzazione dei contenuti in funzione dei mezzi utilizzati per metter in atto la comunicazione e si spreca anche quando si sceglie di sfruttare spazi inutili per fare conoscere i propri messaggi. Nel caso del graphic design, ottimizzare significa individuare che tipo di trattamento visivo si deve adottare per evitare sorprese nella produzione; si risparmiano così i costi di revisione di un progetto per non aver previsto i limiti di una tecnologia di stampa. Nella pianificazione media, rimane fondamentale individuare i supporti idonei per promuovere la campagna evitando costi per un uso poco efficace dei supporti.

Come le aziende seguono la tendenza dell’attenzione al singolo, al mercato one to one, ai social network per distinguersi nella comunicazione attuale?

Non saprei dire quali metodi adottino le aziende per sfruttare il rapporto one to one dei social medias. Sicuramente alle persone interessano esperienze di informazione diverse rispetto a quelle vissute finora tramite i mezzi di comunicazione di massa. Credo anche che le brands tradizionali faranno fatica ad apparire come delle alternative nuove. Ho l’impressione che più che un cambiamento di facciata con finte esibizioni sui socials, abbiamo di fronte una rivoluzione culturale che aspetta la nascita di nuovi soggetti, magari anche piccoli ma cresciuti con l’evento dei socials. Se di rivoluzione si tratta, ci vorrà un cambiamento dei protagonisti del mercato, mal si capirebbero i soliti giganti che cercano di sopravivere facendo i piccoli neonati.

 

Intervista rilasciata a Mediastars

 

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